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L'illusione di Dawkins

ALISTER & JOHANNA McGRATH

Recensione di Gino Collenea Isernia, pubblicata su «Studia Patavina» 2008-2, pp. 666-667

L'agile testo che si presenta è una replica alle tesi di Richard Dawkins. Il motivo di questa replica è spiegato nell'Introduzione: «Sin dalla pubblicazione de Il gene egoista (1976) Richard Dawkins si è affermato come uno dei divulgatori scientifici più preparati e di maggiore successo nel suo genere. Insieme al suo collega americano Stephen Jay Gould, Dawkins ha il merito di essere riuscito a rendere la biologia evoluzionista accessibile e interessante per una nuova generazione di lettori (...) Eppure il suo ultimo libro segna uno stacco significativo. L'illusione di Dio ha consacrato definitivamente Dawkins come il polemista ateo di più elevato profilo del mondo» (p. 7). Dawkins avrebbe come scopo una sorta di «conversione» all'ateismo e cerca di proporre non solo molte note tesi legate all'ateismo scientifico-sociologico, ma di collegarle insieme con un linguaggio nuovo, supportato dalle tesi biologiche più accreditate e trasposte meccanicamente dall'ambito scientifico ad uno metafisico e antropologico. In effetti, le tesi di Dawkins vanno affrontate non solo nei contenuti, ma nella metodologia che propongono.

In effetti, l'ateismo dogmatico e il pregiudizio ateistico rappresentano una posizione ben poco «filosofica» che uno scienziato responsabile non può far propria. Questo va detto soprattutto quando si voglia affermare che la religione e la sua professione sono indice di ignoranza. Tali atteggiamenti così radicalmente critici costituiscono, peraltro, un grave ostacolo a quel dialogo, franco e rispettoso, tra pensatori credenti e pensatori non credenti, di cui si avverte tanto il bisogno. Vi sono, infatti, dei valori comuni, quali la dignità della persona, il valore della vita, la solidarietà che possono trovare impedimento in posizioni pregiudiziali, spesso dettate da orientamenti emotivi e scarsamente critici.

È certo che può esservi anche un fanatismo «religioso», un atteggiamento «pregiudiziale» anche da questo versante nei confronti di chi religioso o credente non è. Pertanto, è auspicabile che un dialogo tra credenti e non credenti non sia frenato da pregiudizi. In questo senso, il volume di A. McGrath rappresenta un'utile e opportuna risposta al fondamentalismo ateo e alla negazione dell'esistenza di Dio che è sostenuta in termini molto sicuri da Dawkins.

All'affermazione che Dio sarebbe un'«illusione» rispondono puntualmente i due co-autori del volume. Essi sostengono, piuttosto, che è illusione di Dawkins sbarazzarsi facilmente di Dio sulla base di argomentazioni che appaiono spesso stanche e sembrano riproposizioni di argomenti noti. Infatti, non si può «abusare in tal modo delle scienze naturali, di cui Dawkins è divulgatore dotato, nel tentativo di promuovere il fondamentalismo ateo» (p. 11). La presunzione del fondamentalismo è unita alla pretesa che le sue idee vengano discusse, mentre la religiosità è presentata come un atteggiamento cieco, privo di prove, infantile. McGrath, ad esempio, obietta che si dovrebbe, allora, spiegare perché così tante persone scoprono Dio in età ben adulta, quando spesso percepiscono tutto l'effimero dei passati convincimenti (p. 17). Travisare il concetto e il significato di religione è solo un «trucco» abusato per poterla screditare. Questo è tanto più vero, quando si pretende di parlare di un'intolleranza cristiana, enfatizzandola: l'intolleranza, come la storia inequivocabilmente dimostra, è spesso sul versante di coloro che hanno perseguitato i seguaci e i testimoni del cristianesimo con inaudita violenza.

Quanto al fatto che la fede sia irrazionale, si può dire che lo è se si esprime in modi inadeguati. Tuttavia la fede, in quanto convincimento dell'esistenza di una verità suprema e del sommo Bene, trova la sua attestazione proprio nella pratica di un'esistenza coerente e morale, rivolta non solo alla tolleranza, ma anche all'amore e al perdono. Proprio per questo motivo, la fede è supportata e non è ostacolata dalla ragione. È comunque un atteggiamento ulteriormente polemico non solo contrapporsi alle prove dell'esistenza di Dio proposte dai grandi autori scolastici, ma anche non vederne neanche un riflesso della loro coerenza interiore.

Quanto all'infantilismo della fede, si può ricordare che i grandi e i maggiori pensatori di ogni tempo sono stati uomini di fede. Si pensi non solo ai tanti pensatori di fede cristiana, ma anche a quelli di fede ebraica o di altre convinzioni religiose. La religione, del resto, è stata animatrice di grandissime espressioni dell'arte nelle sue varie forme e manifestazioni. Né si può screditare il «mistero» che riguarda la religione, quando la scienza non riesce a dare risposte alle domande ultime (p. 27). Non è possibile nemmeno pensare che la fede voglia «bloccare» la scienza, che, anzi, può essere incoraggiata dalla fede nella sua difficile ricerca.

E se si dice che la scienza ha pur sempre dei limiti, cioè che non è «onnipotente», questo non significa «diffamare» il sapere scientifico (p. 31), ma è dire che la scienza riguarda il piano «fenomenico». Si potrà anche sottovalutare la finalità a vantaggio della causalità o addirittura del caso. Tuttavia, non si potrà mai impedire alla mente umana di interrogarsi sul perché, sulla finalità e sul senso dell'uomo e del cosmo.

L'approccio di Dawkins alla religione è inadeguato anche perché egli non distingue con precisione termini come religione e fede. Peraltro, esistono anche religioni non teistiche e persone che credono astrattamente in Dio, ma non hanno comportamenti religiosi. Molti altri mostrano rispetto verso la natura, ma non giungono ancora a Dio. E quanto alla predisposizione alla religione, se essa è vista come «un difetto funzionale di taluni moduli cerebrali», è evidente che si scredita la religiosità in modo aprioristico, distorcendone i problemi di fondo a cui essa si collega e che non si risolvono sul piano delle suggestioni o dei disturbi psicologici.

Anche l'affermazione che la religione sia un male è contraddetta ampiamente dai fatti. L'atteggiamento e l'insegnamento di Gesù furono improntati alla fraternità e all'accettazione dell'altro, al perdono e all'ascolto. Tra l'altro, le interpretazioni di Dawkins sono basate su una fragile lettura della Bibbia che non cerca di comprenderne l'intimo significato. Esse sono animate dalla convinzione di dover sempre contrapporre ad esse altre verità e dimostrazioni.

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