la dottrina del ravvedimento
INDICE
Lettera al lettore
I. Discorso
introduttivo
II. Il
falso ravvedimento
III. La
natura del vero ravvedimento (1)
IV. La
natura del vero ravvedimento (2)
V. Perché
dobbiamo ravvederci?
VI. Una
seria esortazione al ravvedimento
VII. Altre
ragioni rilevanti per ravvedersi
VIII. Esortazioni
a ravvedersi al più presto
IX. Un
incoraggiamento per chi si è ravveduto
X. Ciò
che ostacola il ravvedimento
XI. Ausili
per il ravvedimento (1)
XII. Ausili per il ravvedimento (2)
Lettera al lettore
Caro lettore cristiano, le
due grandi grazie che sono essenziali ai santi per questa vita sono la fede e
il ravvedimento. Sono queste le due ali con le quali possiamo volare verso il cielo!
La fede e il ravvedimento preservano la vita spirituale come il calore e
l’umidità rendono abitabile il nostro mondo. La grazia della quale voglio
parlarvi è quella del ravvedimento.
Giovanni
Crisostomo ritenne che fosse proprio questo l’argomento più appropriato, quando
dovette predicare davanti all’imperatore Arcadio. Agostino fece scrivere i
Salmi penitenziali davanti al suo letto, in modo da poterli leggere quando era
coricato e spesso, leggendoli, piangeva. Esortare al ravvedimento non è mai fuori
luogo: bisogna farlo tanto frequentemente quanto gli artificieri adoperano i
loro attrezzi e i soldati le proprie armi. Non credo di sbagliarmi se ritengo
che, nella nostra epoca, sia maggiormente necessario trattare argomenti
pratici piuttosto che quelli controversi o polemici.
Avevo
pensato di dimenticare queste meditazioni in uno dei cassetti della mia
scrivania, ma comprendo che sono di grande attualità in tempi come quelli in
cui viviamo e così le ho rispolverate e, adesso, le propongo al vostro
giudizio.
Il
ravvedimento è un purgante; non temete l’effetto di questa pillola! Crisostomo
disse: “Colpisci la tua anima. Colpiscila e scamperà dalla morte”! Quanto
saremmo felici se fossimo molto più convinti di peccato e se i nostri occhi
imparassero a piangere più spesso! Il peccatore è travagliato quando lo Spirito
Santo agita le pure acque del ravvedimento. Le lacrime spengono il fuoco
dell’ira di Dio. Il ravvedimento si diletta nella pietà e procaccia la
misericordia. Quanto maggiore sarà il rammarico ed il travaglio del nostro
spirito alla conversione, tanto meno soffriremo in seguito.
Carissimi,
soffrirete per altre cose e non per il peccato?
Le
lacrime procurate dagli affanni mondani cadono a terra, ma quelle dei santi
sono raccolte negli otri di Dio (Salmi 56:8). Non ritenete superfluo piangere
per le cose sante. Tertulliano affermò di se stesso di non essere nato per
alcun’altra ragione se non per ravvedersi!
Se
il peccato non sarà affogato nelle lacrime del ravvedimento, sarà l’anima ad
essere arsa nel fuoco eterno! E non si affermi che il ravvedimento è qualcosa
di troppo difficile! Le cose preziose costano molta fatica. La gente non è
disposta a scavare con fatica per estrarre l’oro dalla miniera? È meglio
giungere in cielo attraversando molte difficoltà che andare agevolmente
all’inferno! Provate a pensare a quello che i dannati sarebbero disposti a
dare ed a fare pur di udire un araldo di Dio proclamare loro un appello al
ravvedimento! Quanti sguardi desiderosi e sospiri manderebbero al cielo!
Quanti fiumi di lacrime farebbero scorrere dai loro occhi! Ma ormai è troppo
tardi. Ora le lacrime servono solo a compiangere la propria follia e non per
ottenere grazia. Oh, che ciascuno di noi faccia pace con Dio prima di essere
riposto nella tomba! Domani potrebbe essere il giorno della nostra morte,
sia oggi il giorno del nostro ravvedimento! Così imiteremo i santi antichi
che amareggiarono la loro anima, sacrificarono le proprie passioni e vestirono
il cilicio nella speranza delle vesti bianche.
Oltre
che per le nostre mancanze personali, anche le deplorevoli condizioni della
nostra nazione richiedono le nostre lacrime. Non sappiamo ciò che ci aspetta in
futuro. Tuttavia, possiamo osservare che vapori neri e tetri salgono
continuamente al cielo. Perciò, dobbiamo temere che presto tuoni minacciosi
cominceranno a far sentire il loro fragore. Tutto questo non ci dovrebbe far
rinsavire e riempire di uno spirito d’umiltà?
Dormiremo in cima all’albero maestro mentre i venti soffiano dai quattro canti del
cielo? Oh, non abbiano riposo le pupille dei nostri occhi! (Lamentazioni 2:18).
Non
voglio scagliare altri dardi, ma che sia Dio ad aggiungere la sua benedizione a questo lavoro e a ben dirigere la
freccia in modo che, anche se scoccata male, possa raggiungere il segno e
colpire a morte il peccato.
Queste
saranno le ardenti preghiere di chi desidera tutto il bene e la felicità
dell’anima vostra,
Thomas Watson
L’Apostolo Paolo, quando fu accusato da Tertullo di essere
una peste e colui che eccitava sedizioni in ogni parte del mondo (Atti 24:5),
si discolpò davanti a Festo e al re Agrippa (Atti 26). In quell’occasione Paolo
fornì la prova di essere un oratore. Infatti attirò l’attenzione del re sia con
la sua gestualità, stendendo la mano secondo il costume degli oratori, sia
col suo modo di parlare dicendo: “O re Agrippa, io mi ritengo felice di potermi
oggi discolpare davanti a te di tutte le cose delle quali sono accusato dai
Giudei” (Atti 26:2).
In seguito Paolo parlò di tre argomenti in
modo così convincente da toccare profondamente la coscienza del re (Atti
26:28). In primo luogo, l’apostolo parlò del suo stile di vita prima di
convertirsi e disse: “Son vissuto come fariseo, secondo la più rigida setta
della nostra religione” (Atti 26:5). Prima di convertirsi era così infiammato
dal falso zelo della tradizione, da incenerire tutti i cristiani che incrociavano
la sua strada: “Rinchiusi nelle prigioni molti santi e, quando erano messi a
morte, io davo il mio assenso” (Atti 26:10). Inoltre, egli parlò della sua
conversione: “A mezzogiorno, o re, sulla strada io vidi una luce dal cielo più
splendente del sole” (Atti 26:12). Quella luce era una visione del Cristo
glorificato. Paolo udì anche una voce che diceva: “Saulo, Saulo, perché mi
perseguiti”? Egli era fisicamente abbattuto, ma la sua voce s’innalzò lo stesso
al cielo: “Chi sei tu, Signore”? E il Signore rispose: “Io sono Gesù, che tu
perseguiti” (Atti 26:14-15).
Paolo
fu completamente svuotato di se stesso. Tutte le pretese di giustizia personale
erano svanite e la sua speranza fu innestata sul tronco della giustizia di
Cristo. L’apostolo Paolo parlò, infine, della sua vita dopo la conversione.
Colui che era stato un persecutore divenne un predicatore: “Alzati e sta’ in
piedi, perché per questo ti sono apparso: per costituirti ministro e testimone
delle cose che tu hai visto” (Atti 26:16). Quando Dio stabilì Paolo come un
‘vaso eletto’, l’apostolo lavorò per rimediare a tutto il male che aveva
commesso. Dapprima aveva perseguitato i santi fino a farli morire, in un
secondo tempo predicò la vita in Cristo Gesù ai peccatori. In un primo tempo,
egli fu mandato da Dio ai Giudei di Damasco e, in seguito, anche ai popoli
pagani. L’argomento della sua predicazione fu questo: “Di ravvedersi e di
convertirsi a Dio, facendo opere degne di ravvedimento” (Atti 26:20). Quale
argomento grave e solenne!
Non
ho intenzione di disputare per stabilire se, nell’applicazione della salvezza,
venga prima la fede o il ravvedimento. È evidente, però, che il ravvedimento è
il primo degli effetti osservabili nella conversione. Personalmente, credo che,
prima d’ogni cosa, debba essere piantato il seme della fede nel cuore
dell’uomo. Un esempio valido può essere quello di una candela accesa che è
messa al centro di una stanza buia: la luce è ciò che si vede immediatamente,
ma la candela è l’oggetto che la fa risplendere. Allo stesso modo, i frutti
del ravvedimento sono i primi a manifestarsi, sulla base, però, di una fede già
esistente. Ciò che mi spinge a pensare che la fede sia preesistente nel cuore
rispetto al ravvedimento, è che quest’ultimo è una grazia, e perciò si può
manifestare solo in un cuore vivificato. Dunque, non è scritto che l’anima vive
grazie alla fede? ‘Il giusto vivrà per fede’ (Ebrei 10:38). Quindi, il seme
della fede esiste già nel cuore del penitente; diversamente si tratta di un
falso ravvedimento, privo di valore.
Ad
ogni modo, sono del parere che il ravvedimento sia di una tale importanza, che
senza di esso è impossibile essere salvati. Dopo il naufragio, Paolo si
aggrappò ad un relitto della nave e grazie ad esso raggiunse la spiaggia. A
causa del peccato di Adamo, ciascuno di noi ha fatto naufragio e il ravvedimento
è l’unico appiglio che ci permette di raggiungere il cielo.
L’esortazione
più comune e solenne nel Nuovo Testamento è quella a ravvedersi e di volgersi
a Dio: “Ravvedetevi, perché il regno dei cieli è vicino” (Matteo 3:2);
“Ravvedetevi dunque e convertitevi, affinché i vostri peccati siano cancellati”
(Atti 3:19); “Ravvediti dunque da questa tua malvagità” (Atti 8:22). Questa
verità è dunque confermata dalla bocca di tre testimoni. L’opera della grazia è
edificata sul ‘fondamento del ravvedimento’ (Ebrei 6:1). Una professione di
fede non fondata sul ravvedimento è destinata a crollare miseramente. Il
ravvedimento è una grazia che l’Evangelo richiede. Il primo sermone di Gesù
cominciò con l’ordine di ravvedersi (Matteo 4:17) e prima di ascendere al cielo
affermò che nel suo nome si sarebbe predicato ‘il ravvedimento e il perdono dei
peccati a tutte le genti’ (Luca 24:47). Tutti gli apostoli batterono molto su
questo punto; infatti sappiamo che ‘predicavano che la gente si doveva
ravvedere’ (Marco 6:12).
Il
ravvedimento è una pura grazia che scaturisce dall’Evangelo. Il patto delle
opere[1]
non presupponeva la possibilità del ravvedimento. Il suo principio
fondamentale era: pecca e morrai. Il ravvedimento è parte del messaggio
dell’Evangelo della grazia. Cristo ha stabilito infatti che, in virtù del suo sangue,
il peccatore che si è ravveduto sia salvato. La legge richiedeva un’ubbidienza
perfetta, personale e perpetua e malediceva tutti coloro che non l’avrebbero
osservata in questo modo: “Maledetto chiunque non persevera in tutte le cose
scritte nel libro della legge per praticarle” (Galati 3:10). Non è scritto che
colui che disubbidisce alla legge deve pentirsi, ma che è maledetto. Quindi, il
ravvedimento è una dottrina che è stata portata alla luce dall’Evangelo.
In
quale modo è operato il ravvedimento? Il ravvedimento si compie in parte,
tramite la Parola: “Or essi, udite queste cose, furono compunti nel
cuore” (Atti 2:37). La Parola predicata è lo strumento che Dio usa per produrre
il ravvedimento. Essa è paragonata ad un martello o al fuoco (Geremia 23:29),
il primo per rompere il cuore, il secondo per scioglierlo. Quale gran benedizione
è poter usufruire della Parola di Dio! Coloro che la rigettano non potranno
evitare di essere condannati. Inoltre, il ravvedimento si compie tramite
l’opera dello Spirito Santo. I servitori di Dio possono essere paragonati
alle canne di un organo: lo Spirito Santo soffia in loro facendo in modo che il
loro suono sia efficace: “Mentre Pietro stava ancora dicendo queste cose, lo
Spirito Santo scese su tutti coloro che udivano la Parola” (Atti 10:44). È lo
Spirito che, attraverso la Parola, illumina e converte. Quando lo Spirito
Santo tocca un cuore, esso si dissolve in lacrime: “Riverserò sulla casa di
Davide e sugli abitanti di Gerusalemme lo Spirito di grazia e di supplicazione;
ed essi guarderanno a me, a colui che hanno trafitto” (Zaccaria 12:10).
è molto edificante osservare gli svariati effetti della Parola di Dio
sugli uomini. Alcuni reagiscono come alla predicazione di Giona: il loro cuore
si commuove e si scioglie in lacrime; altri, invece, non sembrano interessarsi
molto di più di quanto faccia un sordo davanti alla più bella delle sinfonie. Alcuni
migliorano, ascoltando la Parola di Dio, altri peggiorano. Lo stesso terreno
che rende l’uva dolce, rende l’assenzio amaro. Qual è la ragione per cui la
Parola ha degli effetti così diversi? Perché essa convince la coscienza di
alcuni e non di altri. Non tutti ottengono l’unzione divina (I Giovanni 2:20).
Oh, preghiamo che la rugiada dello Spirito possa cadere insieme alla manna
della Parola! Il carro della Parola non ci può condurre al cielo, se lo Spirito
Santo non vi sarà montato (Atti 8:29).
[1]L’espressione ‘patto delle opere’ indica il patto che Dio stabilì nel principio con Adamo. In tale patto Dio prometteva ad Adamo vita eterna a condizione di un’ubbidienza perfetta. Viceversa, in caso di disobbedienza, l’uomo sarebbe stato condannato (N. d. E.).